Intervista a Francesco Lo Giudice sul suo libro: “Governare Insieme, uno spazio utile per gli amministratori locali”

“Governare Insieme, uno spazio utile per gli amministratori locali”
Questo il titolo del libro di Francesco Lo Giudice dedicato ai temi del governo e dello sviluppo locale. Un volume che prende in esame temi attualissimi. Riflessioni e buone pratiche di governance pubblica degli Enti Locali. Francesco Lo Giudice ci presenta il suo libro
- Francesco Lo Giudice, già sindaco di Bisignano, ci parli un po’ di Lei.
Ho 42 anni, sono laureato in Scienze Politiche all’Unical, dove ho poi conseguito anche un dottorato di ricerca in Sociologia Politica presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali, e un Master in Management delle Amministrazioni Pubbliche presso la Scuola Superiore di Scienze delle Amministrazioni Pubbliche in cui ho lavorato diversi anni come tutor assistente alla didattica. Sono un ricercatore universitario a progetto e prima di questo libro, che è il mio terzo, ne ho pubblicati altri due, sempre con la casa editrice Apollo Edizioni, dal titolo: “Cambiare il Sud per cambiare l’Italia”, il primo, uscito nel 2014 e “Il futuro dell’Italia si gioca a Sud”, il secondo, pubblicato nel 2016. Prima di diventare nell’anno 2017 Sindaco della Città di Bisignano sono stato Capogruppo Consiliare di opposizione nei cinque anni precedenti e mi sono sempre occupato di questioni sociali e politiche, anche perché provengo da una famiglia politica, in quanto mio padre è stato Sindaco emerito di Bisignano.
- Perché ha deciso di scrivere questo libro?
Il libro nasce da una rubrica giornalistica, dall’omonimo titolo, che ho curato per un anno e mezzo sul giornale “Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia”. Questa rubrica veniva pubblicata due volte a settimane, poi tre, ed è nata per essere un contenitore di buone pratiche provenienti dai territori, di tutta Italia e in particolare del Sud, e quindi ospitava articoli di amministratori locali, soprattutto Sindaci ma non solo, anche Assessori e Consiglieri Comunali, anche di opposizione e anche di Città metropolitane come Napoli, Firenze, Roma, Palermo, ecc., nonché articoli di professionisti vari e docenti universitari interessati a vario titolo ai temi del governo e dello sviluppo locale. Lo scopo era appunto condividere pubblicamente buone prassi e buone idee politiche e amministrative per offrire opportunità a tutti i potenziali interessati. Sia quelli in carica all’interno delle istituzioni che quelli che aspirano ad entrarvi. Dal momento che gli articoli si sono rivelati molto interessanti in quanto frutto di competenze ed esperienze ragguardevoli, ho deciso di raccogliere i primi cinquanta articoli (tra cui quattordici miei) e pubblicarli in un volume, che vuole essere il primo di una specifica collana editoriale.
- Un tema particolare quello di ridare voce e ascolto ai tantissimi protagonisti del mondo locale. Sembra quasi un “grido di aiuto”.
E per certi verso lo è. L’esigenza di pubblicare questo libro e presentarlo in giro per la provincia e anche fuori è in un certo senso legato alla personale convinzione che gli enti locali, in particolare i Comuni, stiano vivendo una fase molto particolare della vita repubblicana in quanto, a fronte dell’enorme mole di funzioni, prerogative e responsabilità che lo Stato ha loro attribuito in particolare con le riforme legislative e costituzionali degli anni 2000, essi non dispongono delle risorse, degli strumenti e del personale necessario a farvi fronte, e di conseguenza non riescono a garantire un livello di servizi, di diritti e di doveri davvero sufficiente e adeguato. A mio avviso, e ad avviso di molti, questo costituisce uno dei problemi maggiori della nostra Repubblica, in quanto, essendo i Comuni oggi per fortuna considerati la “base” della Repubblica (come ha dichiarato di recente il nostro Presidente Mattarella) e non più la periferia della stessa, risulta necessario metterli in condizione di poter conseguire risultati decisivi per il bene comune dei cittadini, onde evitare che tutto l’impianto istituzionale ne risenta in maniera deleteria. Se lo Stato italiano non riprenderà a investire seriamente sui Comuni, livello istituzionale più importante della democrazia, sarà come un gigante dai piedi di argilla, quindi non riuscirà a promuovere sviluppo, né a godere della fiducia dei suoi cittadini.
- Secondo Lei, i comuni sono “abbandonati” dal Governo?
Lo sono nella misura in cui il tema della funzionalità degli enti locali, che dovrebbe costituire uno dei temi principali dell’agenda politica dei governi nazionali, in realtà spesso non è neanche citato perché eclissato da altre questioni, pure importanti, ma transitorie. Si pensi ad esempio a quest’ultima campagna elettorale nazionale che ha visto trionfare Giorgia Meloni. Non si è sentito parlare affatto in tv della condizione dei Comuni italiani, soprattutto di quelli piccoli (che sono la maggior parte) e soprattutto di quelli del Sud, che sono gravati da una infinità di problemi di natura economica, sociale e infrastrutturale. Il fatto che non se ne parli volentieri, o che se ne parli in modo residuale, fa capire che sia un problema pericolosamente sottovalutato o peggio considerato normale. Anche perché se ci pensiamo un attimo, e ci poniamo la seguente domanda “qual è il luogo dove la democrazia si sostanzia?”, la risposta è “nelle città, piccole e grandi”, e se ci si chiede “qual’è l’istituzione dello Stato deputato a garantire più servizi e diritti e doveri ai cittadini?” La risposta è “il Comune”. E allora si capisce che le cose non stiano andando bene e che sia necessario tornare a investire sulle autonomie locali per rilanciare dal basso, e realmente, tutto il Paese.
- La politica oggi è cambiata?
In Italia siamo orfani della prima Repubblica. E’ un lutto che purtroppo non abbiamo ancora elaborato, poiché dal 1992, l’anno di Tangentopoli, lo scandalo giudiziario che fece implodere i grandi partiti di massa, il sistema politico italiano non ha più ritrovato un vero equilibrio, non si è più ripreso, e quello che ne è seguito è stato un alternarsi di governi populisti e tecnici sia di destra che di sinistra, senza un radicamento organizzato per davvero sui territori locali. E’ come se gli italiani fossimo naufraghi di quel bastimento ideologico, politico e culturale che, rappresentato dalla Democrazia Cristiana, dal Partito Comunista, dal Partito Socialista, dal Movimento Sociale, dal Partito Repubblicano, e dagli altri, prometteva di condurci in un terra promessa, in una società ideale, che ha fatto realizzare tanti progressi all’Italia e fatto sognare e impegnare le generazioni dei nostri padri e dei nostri nonni. Finita quella stagione, la politica italiana sembra essere approdata in una realtà diversa da quella immaginata e fatta ostaggio della mediocrità e dell’autoreferenzialità. Non a caso i livelli di fiducia dei cittadini verso la politica sono crollati, l’astensionismo come sappiamo è divenuto il principale partito e i cittadini che si iscrivono ai partiti politici sono drasticamente diminuiti. Mentre le categorie di sinistra e destra, che hanno rappresentato per decenni dei riferimenti teorici all’agire politico e istituzionale, sembrano non avere più nessun mordente e nessuna importanza nei livelli locali. In questo scenario a farne le spese sono più di tutti le istituzioni locali e di conseguenza i cittadini.
- L’immagine di copertina del Suo libro ritrae degli uomini che cercano di piantare la bandiera italiana come se fosse un atto molto faticoso, perché questa immagine?
E’ una bellissima immagine di Roberto Melis, il grafico che lavora per il Quotidiano del Sud, ed è altamente simbolica di quello che vuole significare appunto il “Governare Insieme”. La bandiera rappresenta il nostro Paese, e il fatto di piantare e issare questa bandiera insieme, sta proprio a significare che il nostro Paese possiamo rilanciarlo e farlo rinascere solo “insieme”. Che significa insieme tra le istituzioni governative (quelle locali e quelle nazionali, ossia: Comuni, Città metropolitane, Province, Regioni, Stato e le altre istituzioni governative come le Prefetture, ecc.) e tra le altre istituzioni economiche, sociali e culturali del territorio, ossia: università, imprese e associazioni. Se non si riuscirà a cooperare, a lavorare insieme, a fare squadra, a produrre sinergia, non si riuscirà più a promuovere per davvero lo sviluppo economico e sociale, né a fronteggiare le nuove emergenze che si presenteranno. Il Covid ce lo ha insegnato. Cooperare è necessario anche perché nel frattempo il contesto internazionale è mutato, e non a nostro favore. I Paesi dell’Ocse usciamo impoveriti e confusi dalla globalizzazione e gli indicatori demografici non sono positivi. Ragion per cui se non torniamo a far collaborare i vari attori istituzionali della società italiana non usciremo facilmente da questa situazione di declino. Se lo faremo, soprattutto al Sud, potremo assistere a un incremento sostanziale dello sviluppo perché sono convinto che il futuro dell’Italia, e per certi versi dell’Europa, si giochi a sud.
- Cosa vuole trasmettere con queste testimonianze?
Speranza! Voglio trasmettere speranza nelle possibilità di cambiamento e miglioramento delle condizioni attuali, speranza di un processo di contagio delle buone pratiche e delle buone idee che facciano tornare i Comuni e i territori a essere la fucina dei cambiamenti nazionali, e permettere anche che, attraverso lo scambio di buone pratiche e buone idee, il Paese possa finalmente unirsi tra nord e sud e creare un tessuto connesso e coeso di interazioni e reti positive che ci aiuteranno a sconfiggere (o quanto meno ad arginare) le sinergie negative del nostro Paese, penso soprattutto alle organizzazioni mafiose, ma in generale a tutti quei fenomeni sociali che pregiudicano un armonioso sviluppo della società italiana.
- I suoi prossimi appuntamenti?
Il calendario di novembre è fitto di presentazioni: il 5 novembre sarò a Civita, il 6 a Belmonte Calabro, l’11 a Cosenza, il 13 a San Basile, il 17 a Montalto Uffugo, il 18 a San Fili, il 19 a Rovito, il 20 a Tarsia, il 25 a San Lucido, ed altre date le stiamo definendo in questi giorni. Sono sicuro che le presentazioni di questo libro continueranno a essere interessanti e molto partecipate come lo sono state finora, perché sta aumentando progressivamente la consapevolezza che lo sviluppo sia una porta che si possa aprire solo dall’interno e con l’apporto di tutti.
Speriamo di avere anche noi l’onore, qui a Mendicino, di poter ascoltare le Sue testimonianze.
Grazie!
Barbara Santelli